Una ricerca condotta presso il
Laboratorio di linguaggio, cognizione e sviluppo della SISSA di Trieste* ci
dimostra che già alla nascita nel cervello del neonato sono attivi i
sistemi della memoria uditiva, coinvolgendo le aree cerebrali frontali. Il bambino
è in grado di memorizzare per alcuni minuti informazioni uditive in
particolare quelle relative a suoni di vocali.
Lo strumento di analisi
utilizzato è stato la topografia ottica che rilevava una risposta cerebrale
allorquando si facevano ascoltare al piccolo suoni già di sua conoscenza
rispetto invece a quelli nuovi che non registravano alcuna variazione nel
cervello.
.Questo studio ci conferma l'importanza
della comunicazione verbale della mamma quale via di contatto con il piccolo
neonato per il riconoscimento del sè e della propria identità senza però
tralasciare gli studi di epigenetica che danno ugualmente valore alla
plasticità cerebrale e alla capacità di adattamento dell'individuo all'ambiente
e al contesto in quelle situazioni in cui il piccolo non ha potuto sperimentare
dalla nasciata il rapporto unico con la madre naturale.
Se pensiamo infatti alla infanzia
abbandonata ma successivamente adottata da genitori in grado di sostituire in
modo efficace e competente la genitorialità mancata al piccolo, ci rendiamo
conto di quanto siano indicativi questi studi per comprendere lo sviluppo
cognitivo del piccolo. La memoria dei suoni è solo uno degli aspetti che
interferiscono con lo sviluppo in quanto permettono al piccolo di ri-conoscere
l'altro da sè, di riconoscersi e di acquisire dentro di sè una realtà
decodificata dal mondo esterno (la mamma) e pertanto ri-conosciuta dal piccolo.
Ma se così fosse non ci spiegheremmo
perchè poi il bambino, se adottato, riesce comunque a recuperare alcuni se non
tutti gli aspetti importanti della de-codifica degli stimoli ambientali
importanti poi per il ri-conoscimento della propria identità, a cominciare
dalla propria memoria corporea. Dobbiamo infatti tenere presente,, anche alla
luce delle evidenze sperimentali di Kagan, che la capacità plastica delle
funzioni cerebrali di modificare strutture e funzioni al mutare delle
esperienze interpersonali permette al bambino anche se deprivato gravemente
durante la prima infanzia,di beneficiare di un sano processo di crescita a
fronte di figure alternative in grado di assicurare il caregiver.
E' per questo che parliamo
di "Genitorialità competente" in quanto ai genitori adottivi è
chiesto di comprendere ed attivare tutti quegli strumenti di contatto,
osservazione e rielaborazione utili allo scambio e all'arricchimento di una
esperienza positiva con figlio.
dr.ssa Daniela Benedetto
www.danielabenedetto.it
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