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Dieta e Invecchiamento (parte prima)



Parlare di alimentazione e invecchiamento è come affacciarsi ad un mondo variegato e complesso, in quanto i cibi vengono direttamente ad interagire con i meccanismi biochimici che sottostanno alla vita stessa del nostro organismo. Non è sbagliato affermare che “noi siamo quello che mangiamo”… Infatti il nostro organismo forzatamente deve utilizzare le molecole, i substrati energetici, i micro e i macronutrienti che gli andiamo a fornire, così da poter far fronte a tutte le sue necessità metaboliche. L’alimentazione è vita. Come tale può contribuire ad una vita qualitativamente migliore e più longeva o,
viceversa, favorire un più precoce decadimento della propria salute sia fisica che psichica.
Sviluppare una nutrizione antiaging è quindi un ambito di lavoro affascinante e al tempo stesso complicato, che richiede continue ricerche e periodici aggiornamenti, essendo in continuo divenire (“Panta rei” affermava fin dall’antichità Eraclito…).
Sarebbe assai riduttivo delimitare il discorso relativo all’antiaging in poche righe, che risulterebbero altrimenti assai generiche. Alla stessa stregua non è possibile tradurre tutto in sole “parole scritte”, pertanto da un lato il Comitato Scientifico dell’A.M.I.A. ha “deciso” di approfondire le svariate tematiche che sottostanno all’alimentazione anti-aging, dall’altro lo stesso Comitato invita i lettori a partecipare ai corsi che verranno periodicamente organizzati sui temi dell’anti-aging, così da poter disporre di aggiornamenti e “armi” sempre più validi e “profondi”. Inoltre ospiteremo con piacere i contributi medico-scientifici dei colleghi che vorranno inviarli, sottoponendoli all’attenzione e alla valutazione del nostro Comitato Scientifico.
In questa “prima puntata” riguardante dieta e aging affrontiamo le premesse di base, così da delimitare la cornice di una corretta e funzionale nutrizione anti-invecchiamento, venendo poi a riempire via via, di “puntata in puntata” il quadro, affinché lo stesso possa risultare esaustivo, completo, aggiornato e radicato sotto il profilo medico-scientifico.
CONCETTI di BASE
Una corretta impostazione nutrizionale anti-aging verte sulle seguenti considerazioni di base:
  • ricercare di attivare al meglio la propria potenzialità genetica, influenzando positivamente l’espressione genica;
  • cattive abitudini alimentari hanno come conseguenza una “limitata” espressione della propria potenzialità genetica ed è come se “accendessero”, stimolandoli, i geni coinvolti nei processi di invecchiamento;
  • una dieta dimagrante è completamente differente da una dieta anti-aging: l’unico elemento in comune è dato dal fatto che una restrizione calorica, e quindi il controllo del proprio peso corporeo, è un fattore chiave in direzione anti-aging;
  • occorre ottenere una modificazione nella composizione corporea individuale, riequilibrando FAT (massa grassa) e FFM (fat-free mass), ovviamente a favore di quest’ultima;
  • un incremento della FFM aumenta la capacità dell’organismo di consumare con maggior efficacia le calorie, così come accade nelle persone giovani;
  • un incremento della FFM e una parallela riduzione della FAT mantiene o incrementa in modo ottimale la produzione e quindi i livelli degli ormoni e delle sostanze bioumorali chiave dell’invecchiamento (GH, IGF-1, insulina, glucagone, cortisolo, Dhea);
  • proteggere dai danni ossidativi (stress ossidativo) il proprio DNA, proteggendo in tal modo le potenzialità relative alla propria espressione genetica;
  • mantenere ideali i valori del pH sia a livello intra che extra-cellulare: un’acidificazione dei fluidi cellulari si riscontra nelle condizioni di invecchiamento precoce; inoltre si evidenzia un aumento della fragilità verso le aggressioni batteriche, virali e perfino neoplastiche laddove il terreno biologico di ciascun individuo risulta a tutti gli effetti sovraccaricato;
  • creare e ottimizzare il rifornimento e la produzione di energia metabolica, essenziale per i processi cellulari, così da mantenere stabile e in omeostasi le funzioni fisiologiche e tutto ciò che necessita alla stessa rigenerazione cellulare.
In tale ottica impostare un’alimentazione che cerchi di adeguarsi ai concetti di base relativi all’anti-aging dovrebbe procedere per step, che hanno come scopo finale quello di incrementare la percezione del proprio benessere psico-fisico e la qualità di vita, nonché della salute:
  1. Ottimizzare il valore del pH e i livelli degli ormoni coinvolti nei processi di invecchiamento dell’organismo, stabilizzandoli su valori tipici dei soggetti giovani.
  2. Ottimizzare il proprio profilo metabolico, riequilibrando massa magra e massa grassa.
  3. Aiutare l’organismo ad eliminare l’insieme di tossine frutto dei processi metabolici e dell’esposizione ambientale, accumulatesi negli anni, incrementando le capacità di detossificazione del proprio fegato e contrastando lo stress ossidativo.
  4. Ottimizzare i livelli di insulina e di utilizzazione del glucosio: quest’ultimo, infatti, gioca un ruolo fondamentale nel controllo indiretto dell’azione di molti ormoni anti-aging, quali la stessa insulina, il cortisolo e il Dhea.
  5. Contrastare i processi di glicazione, che riducono l’efficienza degli ormoni e delle sostanze bioumorali coinvolte nei processi di invecchiamento dell’organismo. Inoltre la glicazione gioca un ruolo esenziale nel determinare la struttura sia delle proteine che dei lipidi (si pensi alle stesse membrane cellulari, fondamentali per la regolazione delle comunicazioni tra ambiente intra ed extra-cellulare) e quando la funzione metabolica di questi risulta così compromessa, i fondamentali meccanismi che regolano la vita cellulare perdono di efficienza.
  6. Ripristinare un’omeostasi glicemica: iperglicemia e iperinsulinemia aumentano la glicazione, aumentano i radicali liberi (per ossidazione lipidica), alterano il trasporto degli elettroliti a livello delle membrane cellulari, alterano la corretta produzione e funzione del Dhea; tutto questo significa: invecchiamento. A sua volta quest’ultimo comporta una diminuzione dell’aspetattiva di vita individuale, spesso ipertensione e aterosclerosi, dismetabolismi a carico dei glucidi e dei lipidi, osteoporosi, surplus ponderale, maggior sensibilità in direzione tumorale, incremento del rischio cardiovascolare e dei processi neurodegenerativi.
  7. Apportare correttamente e in modo bilanciato i macronutrienti e i micronutrienti; questi ultimi non solo a scopo antiossidante, ma anche finalizzati al mantenimento della sensibilità dei recettori tessutali dell’insulina (es. vanadio, cromo e magnesio). Inoltre i micronutrienti contribuiscono a limitare il danno al DNA, favoriscono la sua riparazione e diminuiscono il livello dei radicali liberi e quindi contrastano al meglio il cosiddetto stress ossidativo.
Sulla base delle considerazioni sovrastanti una dieta anti-aging:
  • Diminuisce la massa grassa e incrementa quella magra (muscolare), soprattutto quando associata all’indispensabile esercizio fisico (anch’esso fondamentale in un’ottica anti-invecchiamento), con conseguente aumento del metabolismo di base e del fabbisogno energetico individuale.
  • Incrementa i livelli funzionali di alcuni apparati chiave, quale quello endocrino e quello digerente.
  • “Enfatizza” l’alcalinità, come modo di contrastare l’acidificazione dei fluidi cellulari, interpretabile come fattore concausale dei processi di invecchiamento dell’organismo.
  • Incrementa l’assunzione di micronutrienti presenti in cibi, piante ed integratori ad hoc, in grado di apportare antiossidanti e/o in grado di chelare i metalli pesanti; il beneficio è indirettamente a carico dello stesso DNA.
  • Bilancia insulina, glucagone e cortisolo. Un ottimale e corretto apporto di macronutrienti, bilanciando appunto gli ormoni citati, massimalizza la mobilizzazione dei grassi di deposito (anziché favorirli), induce la formazione di “buoni” eicosanoidi (anziché di “cattivi”, come succede nelle condizioni di iperinsulinemia e iperglicemia), ottimizza quindi lo stato di salute.
  • Riduce il cortisolo e incrementa il Dhea.
  • Aumenta la secrezione di GH.
  • Bilancia la produzione degli ormoni tiroidei, con miglioramento dei livelli di T3.
  • Aumenta l’HDL (il cosiddetto “colesterolo buono”) e diminuisce le LDL (quello “cattivo”).
  • Bilancia il rapporto tra omega-3 e omega-6, favorendo il controllo degli ormoni eicosanoidi (così da contribuire al controllo dei processi di carattere infiammatorio).
  • Contrasta lo stress ossidativo.
Dr. Damiano Galimberti, Specialista in Scienza dell’Alimentazione
Nota bibliografica
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